LA NUOVA PSICOLOGIA DIGITALE. QUESTIONI EPISTEMOLOGICHE E DEONTOLOGICHE

Di Clara Emanuela Curtotti (Comitato Nazionale Psicologi EDSU) e Francesco Rizzi – Il No che Unisce

Premessa
Stiamo assistendo all’avvento di una nuova modalità di interazione tra pazienti e psicologi/psicoterapeuti, che si svolge esclusivamente online, una modalità che viene etichettata come “Psicologia digitale”. Contemporaneamente si stanno anche implementando nuove piattaforme on line, da parte di start-up con grandi investimenti di capitale alle spalle, per l’erogazione di servizi psicologici digitali che hanno peraltro ricevuto una forte spinta per la loro crescita esponenziale in epoca pandemica. Questo fenomeno ci interroga su molteplici versanti di riflessione ma in special modo su quello dell’epistemologia sia in relazione alle nuove caratteristiche del setting terapeutico che ai fondamenti etico-epistemologici della nostra professione.

Le politiche degli ordini professionali
Parlare di psicologia online oggi in Italia significa obbligatoriamente coinvolgere la Società italiana di psicologia online (SIPSIOL), il cui Presidente ha partecipato al panel dedicato alle nuove tecnologie in campo psicologico degli Stati Generali della Psicologia italiana del 21-22 giugno 2023: «[…] l’intervento del Presidente Di Giuseppe si è incentrato sulla necessità, da parte di una Società Scientifica come la SIPSIOL, di riuscire a tracciare in un panorama post pandemico come quello attuale, delle Linee di riferimento che consentano a coloro che decidono di operare on line in campo psicologico di mettere in campo buone prassi e strumenti condivisi che siano di stimolo e tutela sia per i professionisti che per gli utenti, siano essi persone, Enti oppure Organizzazioni e Aziende» (rif. In Bibliografia).
Dunque sembrerebbe questo uno dei principali obiettivi perseguiti dal CNOP insieme ad altri coerenti con tale impostazione incluse anche iniziative ed azioni concrete nella direzione della cosiddetta “Psicologia sostenibile” (per un approfondimento si rimanda al link in bibliografia), in accordo con la direzione presa anche dal SNN ed in linea con le direttive sovranazionali.
La nostra riflessione verte proprio su questi aspetti cruciali che inevitabilmente investono il piano epistemologico di esercizio della nostra professione. Il nuovo codice deontologico degli psicologi fa infatti esplicito riferimento, nei principi enunciati nella premessa etica, ai dettami delle comunità scientifiche nazionali e sovranazionali in termini di dogmatica cornice di riferimento per l’articolato (Curtotti, 2023).
Dunque, la psicologia ufficiale del CNOP e degli ordini regionali, in testa quello della Lombardia che spicca particolarmente per la sua solerzia nell’adeguamento alle direttive “inclusive e green”, pare seguire supinamente i dettami dell’agenda 2030 dell’Unione europea (Dippierri, 2020) che tra i suoi obbiettivi persegue quello dell’implementazione del nuovo paradigma della “cittadinanza digitale”. L’Unione Europea stessa la definisce così: «Un insieme di valori, competenze, atteggiamenti, conoscenze e comprensione critica di cui i cittadini hanno bisogno nell’era digitale. Un cittadino digitale sa come utilizzare le tecnologie ed è in grado di interagire con esse in modo competente e positivo» (rif. In bibliografia).
Ci chiediamo allora se siamo di fronte alla politica di promozione di una vera e propria nuova categoria antropologica che mira a rifondare anche la Psicologia su un’ontologia digitale.

Il modello di Psicologo promosso dal CNOP e i limiti della ricerca evidence based
Constatiamo come la psicologia e la psicoterapia fondate sull’imitazione del modello medico, con insistente riferimento alle ricerche “evidence based”, condotte quasi soltanto entro il paradigma cognitivo-comportamentale, siano sistematicamente sponsorizzate dal CNOP. Ci chiediamo inoltre, come mai i modelli di fondazione umanistico-filosofici non siano più rappresentati, se non come “citazione di facciata” o “meme” buono per il marketing. Il CNOP spinge nella direzione di una psicologia medicalizzata ed allineata con le linee guida della cosiddetta comunità scientifica nazionale e sovranazionale (ossessivamente citata come riferimento nella nuova premessa etica del codice revisionato).
Ci chiediamo dove siano stati relegati gli approcci non cognitivisti e tutta quella Psicologia che promuove l’autodeterminazione e l’individuazione di junghiana memoria, che non è inquadrabile nei protocolli “evidence based” della medicina difensiva (Garattini e Nobili, 2021) e che non è traducibile banalmente in termini di standard di tecniche e protocolli di somministrazione. Allo stato attuale sembra non rappresentata e sistematicamente silenziata perché non “scientifica”.
Mentre stanno fiorendo rassegne di studi “evidence based” sull’efficacia della psicoterapia online (vedasi ad esempio Andersson (2016), Lattie et al. (2022), Park et al. (2022), Peñate et al. (2016)), continuano a valere le critiche poste agli studi generali di efficacia delle psicoterapie, RTC (Randomized and Controlled Trials) o con disegno quasi sperimentale. Ad esempio:

  • la maggior parte degli studi RTC è stato condotto in contesto culturale diverso da quello italiano, segnatamente anglosassone, a cura dell’APA; non è scontata l’estendibilità degli esiti in un contesto culturale diverso, in cui le relazioni si declinano in modi anche molto diversi;
  • non rientrano negli studi tutte le psicoterapie che non siano in grado di produrre un protocollo definito e che vada a conclusione entro un breve intervallo di tempo;
  • la casistica include prevalentemente “disturbi” semplici, inquadrabili con il solo criterio DSM, senza comorbidità e senza una grande complessità clinica e psicosociale;
  • gli studi valutano le differenze tra protocolli, ma non valutano quasi mai la qualità dell’alleanza terapeutica, fattore che si assume spieghi circa un terzo del successo di un trattamento.
    Per una rassegna completa e ragionata delle critiche agli studi generali di efficacia delle psicoterapie, si veda Papini e Vanni (2023).

Che fine ha fatto la relazione umana?
Una lacuna specifica relativa agli studi sulla psicologia digitale può essere invece individuata nel concetto di surrogato della relazione.
Un legame significativo può essere sostenuto da un lato imparando a tollerare la temporanea assenza della figura di attaccamento, dall’altro utilizzando un surrogato della presenza attraverso un espediente tecnico. Abbiamo assistito storicamente a diverse diluizioni omeopatiche della relazione, a favore del mantenimento del legame: dalla lettera postale, di antica invenzione, alla più recente possibilità di telefonare in voce, dalla telefonia mobile, fino alla messaggistica istantanea e alla videochiamata.
Tutti questi surrogati hanno in comune una diminutio, in proporzioni variabili, della relazione che si svolge in presenza: qual è il limite oltre al quale una relazione significativa, che sia veicolata esclusivamente da un medium digitale, smette di essere tale? Quando una relazione tra persone reali si trasforma progressivamente in una relazione unicamente immaginata? Cosa comporta l’attraversamento di questo limite per lo psicologo e lo psicoterapeuta? Quali potrebbero essere le nuove caratteristiche di quello che si potrebbe definire “controtrasfert digitale”? Quali persone afferiscono di preferenza ad un servizio psicologico/psicoterapico basato esclusivamente su piattaforma digitale e per quali motivi?
La domanda centrale intorno alla quale riteniamo necessario attivare una riflessione e magari coerentemente un dibattito più allargato, verte intorno a che tipo di Psicologia e quale modello culturale di Psicologo si voglia davvero promuovere.

Pluralità dei modelli culturali della Comunità professionale contro psicologia dei protocolli
In termini di ricerca psico-sociologica sarebbe interessante attivare un’indagine per raccogliere dati e verificare quali siano oggi i modelli culturali presenti nella nostra comunità professionale, sia di erogazione del servizio che coerentemente di fruizione dello stesso da parte di coloro a cui essi sono destinati (Moscovici, 2005).
Forse scopriremmo, ancora una volta, che la Psicologia ha diverse declinazioni teoriche e pratiche di esercizio e differenti ambiti di attribuzione di significato con cui si approccia allo studio dell’uomo.
Ci sembra invece che la psicologia che si va promuovendo sia coerente con un solo preciso modello, riduttivo e limitato: quello dei protocolli e degli standard di normalizzazione, quelli medicalizzati “evidence-based” e quelli infine in linea con le direttive sovranazionali dell’OMS.
La psicologia digitale, sotto questo riguardo, riteniamo rappresenti un tassello di quel mosaico che si va via via componendo nella direzione della “disumanizzazione” in atto della nostra stessa professione: la psicologia digitale infatti, per sua stessa caratteristica in parte elude e in parte “artificializza” il fattore umano presente nella relazione terapeutica che si instaura con un cliente/paziente/utente e non crediamo sia neppure lontanamente paragonabile all’interazione vis a vis che da sempre rende vere ed autentiche le relazioni fra noi esseri umani.

Conclusioni
Chiediamo a gran voce un serio dibattito culturale interno alla comunità professionale, veramente partecipato, che promuova una dialettica feconda e costruttiva intorno ai modelli culturali della nostra professione e le sue rappresentazioni condivise nel contesto sociale, finalizzandolo ad una vera crescita professionale ed identitaria della categoria.

Bibliografia
Andersson, G. (2016). Internet-Delivered Psychological Treatments. Annual review of clinical psychology, 12, 157–179. https://doi.org/10.1146/annurev-clinpsy-021815-093006

Bozzaotra, A., Cicconi, U., Di Giuseppe, L., Di Iullo, T., Manzo, S., Pierucci, L. (2017).
Digitalizzazione della professione e dell’intervento psicologico mediato dal web.
Commissione atti tipici, osservatorio e tutela della professione. https://www.psy.it/wpcontent/uploads/2015/04/Atti-Tipici_DEF_interno-LR-1.pdf

Curtotti, C.E. (2023). Dal metacodice al codice revisionato.
https://www.comitatonazionalepsicologi.it/dal-metacodice-al-codice-revisionato-379/

Dipierri, C. (2020). Digitalizzazione e sostenibilità: i benefici per l’Agenda 2030 di un
passaggio al digitale. https://asvis.it/approfondimenti/22-5286/digitalizzazione-esostenibilita-i-benefici-per-lagenda-2030-di-un-passaggio-al-digitale

Garattini, L., Nobili. A. (2021). Medicina difensiva: come riconoscerla e come gestirla.
Sanità24. https://www.sanita24.ilsole24ore.com/art/lavoro-e-professione/2021-11-
09/medicina-difensiva-come-riconoscerla-e-come-gestirla-093240.php?uuid=AEC9qjv

Lattie, E.G., Stiles-Shields, C. & Graham, A.K. An overview of and recommendations for
more accessible digital mental health services. Nat Rev Psychol 1, 87–100 (2022).
https://doi.org/10.1038/s44159-021-00003-1

Moscovici, S. (2005). Le rappresentazioni sociali. Bologna: Il Mulino

Papini, S.P., Vanni, F. (2023). Dalla montagna al topolino: commento a ‘Consensus
conference sulle terapie psicologiche per ansia e depressione’. In Ricerca Psicoanalitica,
Anno XXXIV, n. 2. doi:10.4081/rp.2023.793

Park, J. J., King, D. L., Wilkinson-Meyers, L., & Rodda, S. N. (2022). Content and
Effectiveness of Web-Based Treatments for Online Behavioral Addictions: Systematic
Review. JMIR mental health, 9(9), e36662. https://doi.org/10.2196/36662

Peñate, W., & Fumero, A. (2016). A meta-review of Internet computer-based psychological
treatments for anxiety disorders. Journal of telemedicine and telecare, 22(1), 3–11.
https://doi.org/10.1177/1357633X15586491

SIPSIOL (2023). La psicologia online agli Stati Generali del CNOP.
https://www.sipsiol.it/news/la-psicologia-online-agli-stati-generali-del-cnop

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