L’insostenibile leggerezza del nuovo Art. 22

Leggendo la nuova versione dell’Art. 22 del Codice Deontologico degli Psicologi che verrà sottoposta al voto nel referendum del 21-25 settembre 2023 appare subito evidente l’aggiunta di una frase: “[La psicologa e lo psicologo…] nelle attività sanitarie si attengono alle linee guida e alle buone pratiche clinico-assistenziali.

Come prima intenzione verrebbe spontaneo intendere questa aggiunta come aggiornamento necessario a seguito dell’introduzione, nel 2017, della cosiddetta legge Gelli-Bianco (L. 24/2017), la quale afferma:

(Art. 5.1) Gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della Salute.

Ora, sappiamo che la professione di psicologo è stata inclusa tra le professioni sanitarie dalla legge 3/2018 (Lorenzin), quindi le raccomandazioni previste dalla legge Gelli-Bianco si applicano anche alle prestazioni dello psicologo. Ma c’è sicuramente almeno un’altra legge che dobbiamo considerare, la più importante per noi psicologi, cioè la legge 56/89 o legge Ossicini, sull’Ordinamento della Professione di Psicologo.

L’Art. 1 di questa legge recita:

“La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito”.

Esaminando queste leggi possiamo notare come, nella definizione delle attività svolte, degli strumenti utilizzati e dei profili sanitari, la sovrapposizione sia solo parziale. E come la riformulazione dell’Art. 22 del Codice Deontologico non aiuti a rendere chiara una situazione già di per sé confusa.

Facciamo un esempio concreto. L’attività di sostegno psicologico è tipica dello psicologo, in quanto esplicitato dalla legge 56/89. È attività sanitaria? Chi lo decide? Non lo sappiamo con certezza, ma possiamo attingere al documento sugli atti tipici della professione di psicologo (CNOP, 2015), il quale sostiene:

 “Il sostegno psicologico è un intervento il cui obiettivo è il miglioramento della qualità di vita dell’individuo e degli equilibri adattivi in tutte le situazioni (di salute e di malattia), nelle quali ciò si rileva opportuno, sviluppando e potenziando i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione, e che necessita della stesura del bilancio delle disabilità, delle risorse, dei bisogni e delle aspettative del soggetto, nonché delle richieste e delle risorse dell’ambiente.”

A nostro avviso la definizione del CNOP di “sostegno psicologico” è più vicina alle attività dello psicologo generalmente identificate come prestazioni sanitarie (es. psicoterapia), piuttosto che alle prestazioni non sanitarie (es. didattica). Quindi potrebbe essere un’attività sanitaria tra quelle non elencate nella legge Gelli-Bianco, allora non sarebbe soggetta alle linee guida autorizzate dal Ministero della Salute.

Fino a qui tutto bene.

Ma se il nuovo Codice Deontologico venisse approvato, l’Art. 22 ci obbligherebbe, nello svolgere l’attività di sostegno psicologico, ad attenerci “alle linee guida”, non meglio specificate. Ma in questo caso quali sarebbero le linee guida? Quali enti sarebbero autorizzati a elaborarle? Da chi sarebbero validate e revisionate? Con quali criteri?

Certo, con la virtù della fede potremmo pensare che l’Ordine degli Psicologi, in caso di approvazione del nuovo Codice Deontologico, si attrezzerebbe al più presto per tappare questa falla con provvedimenti adeguati. Ma sarebbe un caso alquanto singolare in cui si chiederebbe agli psicologi di approvare un contenitore prima di sapere quale potrà essere il contenuto.

Sarebbe come chiederci di firmare un assegno in bianco. E noi l’assegno in bianco no, non lo vogliamo firmare.

Riferimenti:

Proposta di revisione del Codice Deontologico degli Psicologi Italiani
Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017)
Legge Lorenzin (L. 3/2018)
Ordinamento della Professione di Psicologo (L. 56/89)
La professione di Psicologo: declaratoria, elementi caratterizzanti e atti tipici (CNOP, 2015)

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