Una Revisione del Codice che, se non ideale, risulterebbe la migliore possibile. E’ davvero questa la via?

Perché votare NO. Ecco uno dei tanti motivi:

la revisione del nostro Codice, contrariamente alle altisonanti dichiarazioni pubbliche, non è stata affatto partecipata. La politica autoreferenziale e le modalità con cui sono stati condotti i processi di modifica hanno confermato, ancora una volta, lo scollamento doloroso delle nostre Istituzioni di rappresentanza dalla comunità professionale tutta. 

Le istituzioni sono solo formalmente rappresentative.

Qualcuno dice che dobbiamo accettare questo codice come il migliore dei mondi possibili.

Riteniamo invece che la teoria per cui sia necessario rinunciare a un “ideale”, quando ci si accinge alla modifica storica di un documento fondante come lo è il Codice Deontologico di una professione, sia figlia di una convinzione accomodante e disimpegnante sul piano della responsabilità morale. Essa può connotarsi in questi termini: al di là dei principi etici (o dovremmo dire del bene e del male?) sarebbe necessario adattarsi alle necessità dei tempi e “sporcarsi le mani”. Questa sarebbe la posizione più matura e responsabile da assumere date le circostanze (per come ci viene posta la questione).

Ne siamo proprio così certi?

Non sarebbe invece stato auspicabile, per la modifica del Codice, implementare un processo inverso? 

Anziché partire dall’adattamento ed allineamento del Codice alle contingenti necessità storico-politiche, ad esse sottomettendo i principi etici che fondano l’epistemologia della nostra professione, procedere dagli stessi per orientare e illuminare la condotta deontologica?

Il Codice revisionato risulta appiattito su categorie medico sanitarie difensive e burocratiche giuridiche. Quello che muore è la “soggettività” stessa come oggetto elettivo della Scienza Psicologica.

Sveglia colleghi!

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2 commenti

  1. Buona sera come è possibile avere la bozza di proposta del nuovo statuto? Grazie

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