LE ONDE SOLITONICHE NELLA PSICOLOGIA. QUATTRO LIBRI E UN FUNERALE

di Clara Emanuela Curtotti – Comitato Nazionale Psicologi EDSU & Il NO che UNISCE

PREMESSA

Nell’ambito della fisica le onde solitoniche sono tra le più particolari. L’aspetto più singolare che le caratterizza è certamente quello legato alla loro specifica interazione: due solitoni interagenti escono “indenni” dall’interazione continuando il loro percorso come se l’interazione stessa non avesse avuto luogo.

PARTE PRIMA

Con il presente articolo la sottoscritta, non senza certa consapevole dose di arroganza autoreferenziale, si cimenta con l’ambizioso tentativo di connettere in una sintassi dotata di senso, parole a forte rilevanza simbolica e di notevole peso specifico nell’immaginario collettivo come: psicologia, scienza, capitalismo, libertà, cura, identità, etica, epistemologia, crisi, spirito e infine uomo.

Prenderò le mosse da un anno significativo, una specie di anno zero nella storia dell’ umanità e da lì procederò per la decodifica degli avvenimenti che mi stanno particolarmente a cuore e che vi voglio testimoniare dal mio personalissimo punto di vista: duemila venti, l’ anno del lock-down in Italia conseguente allo scoppio della crisi pandemica. Un passo indietro nel tempo, la Psicologia ha sempre faticato per emergere nel nostro bel paese e sin dalla nascita ha subito rallentamenti nel suo percorso di affermazione sociale, duramente osteggiata ad opera dei medici innanzitutto ma anche degli psichiatri e degli psicoanalisti, ha inoltre dovuto affrontare dolorose battaglie per la sua stessa sopravvivenza con varie ideologie come il fascismo, il cattolicesimo ed il comunismo. Avversata e ostacolata anche in parlamento nell’iter di approvazione della legge che ne istituisse il suo formale esercizio e che ha attraversato varie consiliature con alterne vicissitudini, la legge 56/1989. Tuttavia, in quel fatidico anno duemila venti, qualcosa è cambiato! Chi scrive ritiene che in quell’anno la Psicologia abbia dovuto subire la più clamorosa delegittimazione dei fondamenti stessi della sua ragion d’essere. Delegittimazione soprattutto etica della sua originaria vocazione come disciplina deputata per eccellenza alla cura dell’umano, alla tutela della libertà dell’individuo e della sua autodeterminazione in ogni contesto, alla protezione del pensiero critico ed infine della fragilità in qualunque forma essa si manifesti. In quell’anno fu chiamata, nelle sue Istituzioni di Rappresentanza e nel seno della comunità professionale tutta, a un appuntamento di verità con se stessa, un appuntamento allo specchio direbbe Lacan. Non si è riconosciuta tuttavia, al contrario ha indossato una maschera che l’ha condotta lontana dalla strada maestra e dal giusto cammino. Infine ha dovuto decidere che svolta imprimere da quel momento in poi al corso stesso della sua storia. Sostanzialmente, quello che è accaduto sotto i nostri occhi è stato che ha scelto di allinearsi ufficialmente con le istanze economiche, culturali e politiche dominanti, con il capitalismo neoliberista che sempre più prende la forma nefasta e mortifera del “nulla che avanza”. In quella circostanza però, com’è successo in quasi tutti i campi delle umane professioni, una piccola parte della comunità professionale, la quale non sapremo mai quanto numerosa poiché tali informazioni non sono state desecretate dalle Istituzioni, si è messa per il verso contrario ed ha disubbidito. Da allora la comunità si è dolorosamente spaccata e nessuna forma di dialogo si è mai attivata nel tentativo di ricomporre tale profonda lacerazione. Oggi paradossalmente nonostante le prove sempre più evidenti del fallimento politico e sociale della gestione pandemica e della documentata nocività delle misure vaccinali intraprese a detrimento della salute psicologica della popolazione, in particolare dei bambini e dei giovani, dopo le persecuzioni da parte degli Ordini e delle Istituzioni, la situazione permane immutata e un pesante rimosso grava come “non-detto” e continua a disabilitare la funzione del pensiero gruppale. In occasione delle vicende recentissime relative al referendum indetto per l’approvazione del Codice Deontologico revisionato (rimando ad un articolo in cui tratto dell’avvenimento: https://www.comitatonazionalepsicologi.it/dal-metacodice-al-codice-revisionato-379/cit.), questa verità è apparsa agli occhi di tutti evidentissima, quando quel gruppo si è attivato in tutti i modi per impedirne l’approvazione e questo a causa delle evidenti storture che minavano profondamente la libertà e l’autodeterminazione nell’esercizio della professione sia degli psicologi che di coloro che a essi si rivolgono. Per una volta Davide ha vinto Golia e il Codice non è passato (https://www.comitatonazionalepsicologi.it/codice-deontologico-ricorso-al-tar-finalmente-arriva-il-confronto/), ad opera di un piccolo gruppo agguerrito di coraggiosi e tenaci colleghi che mai cesseremo di ringraziare per aver incarnato questo ruolo più legale nella militanza politica.

In ogni caso la vera rivoluzione che mi auspico, il vero cambiamento che potrerebbe portare buon frutto anche in futuro è il dialogo tra le parti, l’incontro non farisaico ma autentico tra le differenti posizioni teorico-metodologiche oggi presenti, le quali tutte portano una voce da ascoltare con attenzione e che deve trovare la giusta collocazione di senso nel complesso mosaico del mondo psy. Ciò che è accaduto in pandemia, è già avvenuto nel corso del tempo? Sicuramente si, forse in forma meno evidente e con interlocutori differenti al confronto, corsi e ricorsi storici ne danno testimonianza, per chi voglia vedere davvero. Solo un esempio, l’approvazione della legge Lorenzin, la legge 3 del 2018, quando la Psicologia è diventata professione sanitaria e in quanto tale fu accorpata insieme a tutte le altre. Anche lì una forte delegittimazione identitaria è stata sancita e per giunta acclamata come grande vittoria per la nostra categoria.

Oggi in questo scenario globale di trasformazioni geo-politiche e antropologiche, avverto una nuova urgenza per la nostra professione: decidere che corso futuro imprimere a questa bistrattata professione.


PARTE SECONDA

“LA STORIA DELLA PSICOLOGIA ITALIANA. CONNETTERE, IDENTIFICARE, APPARTENERE

Di Catello Parmentola

Di recente un volume notevole è stato pubblicato, la Storia della Psicologia Italiana, a cura di Catello Parmentola. Titanico per il suo sforzo diretto a raccontare e documentare con dovizia di particolari le cronache della storia della nostra Psicologia degli ultimi cinquant’anni. Un dono alla collettività professionale tutta. Ciò che mi porto da questo libro tra le numerose altre acquisizioni, è un assioma incontestabile che dovremmo tutti sempre tenere ben a mente: “La psicologia stessa è una riflessione epistemologica non concludibile” (pag. 37). Ancora. “Fin dagli albori, quando era tirata dalla scienza da un lato e dalla filosofia dall’alta…(sanitari si o sanitari no?)…mai è stata interrogata l’epistemologia.” (pag. 53). “La misura delle scienze umane deve, quindi, per forza essere diversa da quella delle scienze esatte, senza per questo essere meno scientifica” (pag. 55). Il volume è dunque ricchissimo di spunti di riflessione ma soprattutto di una storia ignorata dai più e particolarmente dalle nuove generazioni di psicologi. Ancora “La legge 3 intende rinforzare concettualmente ‘il sanitario’, non sanitarizzare tutto nei vecchi termini e nei vecchi parametri”, questo mi verrebbe da dire anche se la storia recentissima ha dimostrato il contrario e si è reificato con orrore esattamente quanto da Catello paventato, la sanitarizzazione tout court della nostra professione. Trovo sia utile ricordare che lo stesso senatore Ossicini a suo tempo, in un intervista rilasciata alla rivista Cultura e professione (in bibliografia), aveva già profetizzato in risposta alla domanda conclusiva postagli relativamente a come vedesse il futuro stesso della Psicologia: “Maluccio, perché è sempre risorgente l’atteggiamento di stampo medico organicista. Bisogna capire che la Psicologia non c’entra niente con la Medicina, non più di quanto centri con la Filosofia, è semplicemente un’altra cosa. La Psicologia ha una sua autonomia e non solo perché ha un suo Albo ed un suo Ordine, bensì perché ha una sua autonomia scientifico culturale, la psicologia deve riuscire a non tornare indietro…. e rispetto la tendenza a far rientrare la Psicologia e la professione psicologica tra quelle sanitarie, penso che sia un errore e io lo combatterò sino a che potrò e rischierebbe di riportare la Psicologia in ambito medico e la Psicologia non c’entra niente con la Medicina”.

Tuttavia credo che il volume di Catello Parmentola, pur avendo raccontato moltissima parte delle “cose psicologiche”, sia stato concepito per così dire, monco, tronco e silenzioso in relazione ad una parte della storia più recente. Non si racconta del ruolo nefasto incarnato della Psicologia ufficiale nelle vicende pandemiche, dei colleghi ostracizzati ed emarginati nell’esercizio della professione a causa della follia virologica ma soprattutto delle scelte politiche, mortifere per la stessa Psicologia, incarnate dalle nostre Istituzioni. Catello è uno dei padri del nostro Codice deontologico eppure nessun accenno nel testo è presente in relazione alle clamorose violazioni di esso avvenute in pandemia. Silenzio assoluto, ma anche questa è storia e va testimoniata!

Ecco dunque il secondo libro di cui vorrei parlare.

“LIBERTA’ DELLA CURA E CURA DELLA LIBERTA’, QUANDO LE REGOLE DI UNA COMUNITA’ PROFESSIONALE DIVENTANO UNA GABBIA”

scritto da sette colleghi ed A CURA DI Barbara Lucidi

Barbara Lucidi, una delle autrici di questo testo uscito nel 2025, in una visione decisamente più critica ed ampia affronta la ragion d’essere delle scelte della rappresentanza, in particolare nel capitolo:  “Bisogno di affiliazione ed il patto di stabilità con l’Europa” (pag. 29).  Ci spiega e documenta in quali modalità e con quali atti anche la Psicologia abbia dovuto offrire il suo tributo sull’altare della Comunità Europea e delle élite che ci governano e raccontato il loro ruolo strettamente connesso alla nostra storia soprattutto recente. Viene efficacemente documentata la vicenda dell’EFPA, dell’INPA e dunque del meta-codice che lo ha informato, forse sarebbe più giusto dire condizionato, in particolare relativamente alla formulazione della premessa etica confluita in esso. è importante che sappiate che, proprio e soprattutto a causa di tale premessa non votabile nel referendum, il suddetto codice revisionato è stato respinto al Consiglio di Stato che pur non essendo entrato nel merito ha tuttavia annullato la sua ratifica referendaria per vizio di forma (https://www.comitatonazionalepsicologi.it/sentenza-avversa-del-consiglio-di-stato-annullato-il-referendum-sul-nuovo-codice-deontologico-530/). Un’altra autrice e collega, Elisa Molino, rimarca il fondamentale valore della consapevolezza che è mancata in questa fase di forti cambiamenti, delle voci negate e delle “pluralità anelate” nel mondo psicologico e racconta con dovizia di particolari tutta la vicenda del gruppo de “il No che Unisce”: un gruppo che ha fatto la sua comparsa sulla scena, come rete di associazioni di psicologi, il quale si è candidato in più regioni nelle ultime elezioni (pag. 57).  Ancora, Silvana Russo ci ricorda il vergognoso caso di cronaca del ragazzino che subì ingiustamente un violentissimo TSO “politico” per essersi rifiutato d’indossare la mascherina, con una Psicologia ufficiale in vergognoso e collusivo silenzio (pag. 96).  Francesco Rizzi approfondisce, con sistematicità e documentata ricchezza di dati a sostegno, ciò che sta drammaticamente avvenendo sotto i nostri occhi increduli, ovvero l’implementazione selvaggia e disregolata di una Psicologia asservita alle piattaforme, al marketing ed alla digital economy, schiava della profilazione perversa dell’utente finalizzata unicamente alla logica del mercato. Sotto questo riguardo, pensiamo solo per un momento alle piattaforme di Uno bravo e di Serenis e soprattutto alla collusione del CNOP con tali realtà (https://www.comitatonazionalepsicologi.it/il-nuovo-psicologo-liquido/). Ancora le utilissime e illuminanti riflessioni relative al concetto di scienza in una prospettiva filosofica del collega Ferruccio Gobbato. Solo per brevità di cronaca non citerò gli altri autori altrettanto meritevoli per la cui conoscenza rimando alla lettura del testo.

Questo libro è prezioso ai miei occhi dal momento che testimonia eventi significativi che potrebbero essere censurati e cancellati dai “libri di testo” ufficiali poiché, com’è noto, la storia la scrivono sempre e solo i vincitori ma succede anche che periodicamente la verità decida di uscire nuda dal pozzo e di ricordare a tutti quale sia l’ombra con cui fare i conti.

PSICOLOGIA IN BILICO
PROFESSIONE, IDENTITA, E CONFLITTI NELLA STORIA RECENTE DELLA PSICOLOGIA ITALIANA

Di Rolando Ciofi

Ringrazio Rolando Ciofi, anche se non ho ancora avuto il piacere di leggere il suo testo che a breve sarà disponibile, per aver inserito e raccontato un’altra parte della storia della nostra professione, come sembra evincersi dall’indice. In un’anteprima di presentazione, infatti si legge tra gli altri paragrafi del Capitolo secondo, anche uno dedicato al NOI il NOI che UNISCE. Attendiamo fiduciosi in relazione a  quanto sarà da lui testimoniato, perché anche questo contributo possa confluire nella lettura unitaria ed integrata degli eventi.  E’ sempre stata mia convinzione che la storia sulla carta scritta rappresenti una traccia insostituibile, a dispetto della realtà digitale. Wikipedia non potrà mai sostituire l’enciclopedia universale di Denis Diderot oppure la gloriosa Treccani che gelosamente costudisco nella mia libreria e lo affermo solo per inciso ma anche con la finalità di rassicurare gli animi di tutti di fronte all’avanzare della virtualità a tutti i costi e della divinizzazione dell’AI come fonte acclamata d’informazione utilizzata in ogni circostanza.

Concludendo il testo di Ciofi si prefigura come consolante se visto nella prospettiva di un possibile ed auspicato dialogo tra le parti in gioco.

quarto ed ULTIMO LIBRO

UMANAMENTE INSOSTENIBILE. IL CAPITALISMO NUOCE GRAVEMENTE AI SAPIENS”

Di Luigi D’Elia e Nora Sophie Nicolaus

Nel duemilaventicinque è stato pubblicato anche un altro testo in ambito psicologico, decisamente interessante e che sarà da me utilizzato per fornire una cornice teorica in cui connettere il capitalismo neoliberista a quanto stia accadendo alla nostra condizione di esseri umani e dunque interessa anche alla nostra professione. Il titolo significativo di un paragrafo recita: “Lo psicologo non sia più neutrale”. Il testo mi ha fornito la cornice teorica più idonea ai fini di una lettura anche antropologica e politica con cui mettere a confronto la Psicologia e la nostra identità professionale. “In questo saggio, Luigi D’Elia e Nora Sophie Nicolaus analizzano le caratteristiche fondamentali della nostra specie, mettendo in luce il rapporto tra le dotazioni evolutive dei sapiens e il capitalismo, fino a dimostrare l’impatto negativo che quest’ultimo ha sul nostro assetto bio-psico-sociale. Il volume descrive inoltre come l’umanità stia rapidamente migrando verso una nuova realtà esistenziale, sempre più virtualizzata e disincarnata, evidenziando le sfide cognitive ed emotive che tali transizioni comportano per la nostra specie” (dalla quarta di copertina). Ciò che m’interessa, cito da testuali parole di Luigi D’Elia: “Il capitalismo realizza una forma di assuefazione profonda e silenziosa dei propri codici che sarebbero alla radice di ansia e depressione, disturbi di memoria e attenzione, bipolarismo ecc. Assistiamo allo smantellamento del tessuto sociale a causa dell’ideologia individualista, competitiva, alla precarietà lavorativa, all’assegnazione del tempo al lavoro anziché alla vita intima e famigliare. Si crea così una solitudine diffusa che appare anch’essa come risultante ineluttabile di sistema”. E ancora: “ Uno psicologo psicoterapeuta che non voglia porre a sé domande politiche sulla propria funzione sociale, e interpreti la professione come una sorta di farmaco omeopatico nei confronti di un presente divenuto nel frattempo incombente e passivizzante, finisce per svolgere il medesimo effetto terapeutico di un cerottino su una lacerazione profonda. Lo psicologo che eluda la propria funzione intellettuale in questo mondo fagocitante ne può diventare facile boccone, assimilato e annullato nel suo potenziale terapeutico trasformativo.” (pag. 123-124). Tuttavia, mi chiedo e rivolgo la stessa domanda a entrambi gli autori: come fa un testo così alto qualitativamente per le riflessioni presentate e così illuminante nella descrizione della difficile situazione del sapiens in questa fase della sua storia a non farsi carico nell’analisi di quanto avvenuto in pandemia? Come può un testo di tale qualità culturale non accorgersi delle clamorose distorsioni cognitive prodotte nella mente degli individui, dei gruppi e dei professionisti della salute attraverso la manipolazione collettiva e a non interrogarsi sulle politiche collusive e compiacenti della Psicologia ufficiale? Siamo di fronte anche qui a un evidente scotoma nel campo visivo: alcune cose non sono affatto viste e di conseguenza neanche analizzate e collegate al resto del discorso proposto.

Spiace davvero, ma resta importante quest’altro tassello del mosaico nella visione generale che speriamo di comporre prima o poi nelle coscienze di tutti noi.

CONCLUSIONI

DELLE ONDE SOLITONICHE E DEL PERCHE’, SE NON SARA’ INVERTITA LA ROTTA NELLA STORIA DELLA PSICOLOGIA, A BREVE ASSISTEREMO AL FUNERALE DELLA NOSTRA PROFESSIONE

Le onde solitoniche, si diceva nell’incipit, escono “indenni” dall’interazione reciproca continuando il loro percorso come se l’interazione stessa non avesse mai avuto luogo. Quello che sta avvenendo nella nostra storia, al di la dei conflitti che sembrano caratterizzarla più o meno evidenti, è simile a ciò che succede per le onde solitoniche in fisica: tra le differenti realtà della Psicologia oggi presenti, le diverse rappresentanze politiche e appartenenze, non si riesce a promuovere un dià-logos realmente trasformativo, una contaminazione feconda che porti cioè ad un autentica integrazione e infine renda possibile un sano processo d’individuazione nella nostra disciplina. Diventeremo mai grandi e autonomi e autodeterminati? Oppure resteremo sempre nell’alveo di altre discipline come la medicina o al servizio delle logiche politiche ed economiche dominanti come il neoliberismo oppure d’ideologie strumentali ad altri fini come ad esempio la cultura woke che la fa da padrona anche nelle piattaforme di Netflix e Amazon Prime? In fin dei conti, per quanto ci riguarda sotto mentite spoglie e mutatis mutandis, si tratta in parte della solita querelle trita e ritrita. Mi riferisco alle due “anime” della psicologia, quella proveniente dalle scienze umanistiche e filosofiche da un lato e quella più scientifica, medica e sperimentale dall’altro. Cos’impedisce quest’appuntamento di dialogo sempre mancato nel corso della nostra storia? Questa Coniuctio oppositorum? Forse l’attuale deriva della scienza in scientismo? L’interesse e le logiche di profitto delle economie dominanti che la rendono schiava? La guerra cognitiva che oramai il neoliberismo gioca nelle menti di tutti noi, diventate peraltro teatro di una psicosi collettiva indotta?  Cosa ha a che fare la nuova categoria diagnostica dell’eco-ansia con una Psicologia che si rispetti? E l’ideologia gender con la promozione selvaggia della transizione di genere imposta ai minori? Infine, chiedo a tutti: a che titolo la Fondazione Ossicini collegata al CNOP e che si propone come “attività di studio, ricerca, sperimentazione e formazione, nonché progettualità utili a valorizzare la figura dello psicologo”, ha tra i suoi partner strategici ADEI WIZO (Women’s International Zionist Organization) ovvero l’ Associazione Donne Ebree d’Italia? La stessa Associazione non ha mai preso pubblicamente le distanze dal genocidio che il governo di Israele sta perpetrando a Gaza. Invece tempo fa, nel fatidico giorno della memoria, Liliana Segre che nega l’esistenza di un genocidio in atto, ha avuto la sua bella copertina sui social del CNOP. Anche la Psicologia deve decidere da che parte stare, della verità o colludere con l’attuale narrativa omissiva e parziale!

Concludendo davvero, mi chiedo e vi chiedo infine: se vogliamo salvare la Psicologia e il suo fondamento etico senza il quale l’esercizio della stessa perderebbe di senso, crediamo ancora di poterlo fare senza mettere in discussione la deriva mortifera che ha preso il corso degli eventi e la storia del mondo? La Psicologia non dovrebbe cercare una buona volta di fondare la sua identità sull’analisi della domanda, direbbe il buon Renzo Carli, cioè su di un’analisi attenta che decodifichi gli umani bisogni che le vengono affidati dal mandato sociale, i bisogni del sapiens di cui sopra? Manca una visione comune che ci orienti! è ora di costruirla! è ora di crescere e di affrancarci una buona volta dalle logiche divisive che ci hanno fortemente danneggiati ed esposti all’asservimento ai padroni di volta in volta comparsi sullo scenario della storia.

Credo che se ciò non sia fino ad ora avvenuto è a causa di una sorta di molesta forma di pigrizia spirituale di cui siamo affetti la maggior parte di noi psicologi che c’impedisce concretamente di promuovere nella Psicologia quel cambiamento che può avvenire solo se essa si assume il ruolo di adulta nel teatro del mondo.

Una psicologia che, finalmente forte nella sua identità, ridia spazio a una rifondazione etica ed epistemologica per la nostra professione.

POST SCRIPTUM E RINGRAZIAMENTI

Ringrazio innanzitutto Catello Parmentola che non ha esitato a regalarmi il suo prezioso testo e che in cambio ne ha ricevuto il mio scritto con altri tre colleghi. Il cambio non valeva la candela per lui ma lui ha dimostrato grande generosità spedendomi il suo e senza nessun costo aggiuntivo neanche per la spedizione.

Ringrazio i miei compagni di lotta, i colleghi che hanno scritto il testo sulla libertà della cura che però non me l’ hanno regalato, che tuttavia ho acquistato con sconto esagerato ma soprattutto li ringrazio perché  hanno svolto un ruolo utile per tutta la comunità decidendo di narrare una parte importante della nostra storia.

Ringrazio Rolando Ciofi per il libro che sta per pubblicare in cui ha inserito la storia del Noi che Unisce, libro che spero mi regalerà dal momento che ne pubblicizzo anche in anticipo la sua uscita.

Ringrazio Luigi D’Elia, mio ex marito e a cui per sempre sarò legata da affetto profondo nonostante la clamorosa differenza di vedute, per aver scritto un libro così bello con un’analisi così lucida e apprezzabile, anche se monca. Ovviamente ringrazio anche Nora Sophie Nicolaus.

Infine ringrazio il Comitato Nazionale Psicologi per l’Etica la Deontologia e le Scienze umane, per avermi accolta e fatta sentire meno sola in un periodo di grande smarrimento della mia vita e soprattutto per la passione generosa che continua a investire nella difesa di quella che ci piace definire la Psicologia Vera e che difenderemo fino alla morte.

BIBLIOGRAFIA

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